Un bel bagno di umiltà

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Si dice che nulla più della bici insegni l’umiltà.

Non quella pelosa di chi si inchina al potere: quella salutare che ti fa comprendere i tuoi limiti, i tuoi errori e ti rende chiaro dove migliorare.

Non ci ho mai creduto troppo, perché io a parole mi atteggio a saggio, maturo, trifolo col ciclismo senza barriere, insomma tutte quelle belle frasi fatte che mi rendono l’irritante snob che (forse) sono.

Anni di test con la fissa di eliminare ogni variabile mi hanno portato a pedalare sempre sugli stessi percorsi, che conosco a memoria.

Quelli dedicati al fuoristrada sono ormai parte di me, ricordo ogni radice, ramo, avvallamento, pietra: e se cambia qualcosa, se vedo una pietra smossa me ne accorgo subito manco fossi un Apache.

Vado veloce, metto le ruote dove so, sfrutto passaggi che se visti la prima volta sembrano impossibili e mi sento un ciclista, o almeno un pedalatore, di gran capacità.

Così stamattina ho inforcato la nuova Wilier Adlar insieme al fido scudiero Antonello e un ristretto gruppo di giornalisti e siamo partiti sotto sapiente guida alla volta di un anello che prende il meglio del prossimo Grinduro.

Bici nuova, percorso sconosciuto, ho pure prestato poca attenzione ai suggerimenti della guida tanto, ovviamente, basta il mio manico.

Ora voi immaginate un gruppo di ciclisti tutti di comprovata esperienza, chi viene dalla strada chi dal fuoristrada ma comunque tutte persone che pedalano ogni giorno con qualunque cosa perché questo facciamo con i test, nessuno di noi che deve dimostrare qualcosa agli altri perché siamo qui per lavoro, anche se per me è diverso perché questo blog non è il mio lavoro, non ci campo.

Immaginate un percorso studiato per esaltare le caratteristiche delle bici e delle trasmissioni GRX, in configurazione monocorona col 45 finale e io, alla fine, mi sono ricreduto su molte cose.

Immaginate il vostro narratore col suo insopportabile snobismo e la ferrea convinzione che nulla lo può fermare.

Bene, immaginate tutto questo e avrete un quadro del tutto sbagliato della realtà.

Potrei giustificarmi per i tanti errori di guida adducendo scuse come la bici sconosciuta, il percorso mai provato, errori di altri che erano nelle mie stesse condizioni ma no, non sarebbe del tutto vero.

Ho sbagliato tanto, nella guida come nella gestione delle forze e del mio ginocchio infortunato.

Ho sbagliato per eccesso di sicurezza, per aver creduto di sapere tutto della bici, del ciclismo.

Ho sbagliato perché assuefatto a percorsi straconosciuti ho dimenticato come reagire prontamente all’imprevisto, che in fuoristrada è la norma.

E’ stato un bel bagno di umiltà, evidentemente mi serviva.

Ma credetemi se vi dico che sono contento, anzi contentissimo. 

E’ stata una mattinata fantastica, mi sono goduto ogni metro (tranne gli ultime 300 quando il ginocchio ha dato forfait e sono dovuto scendere dalla bici).

Mi serviva una lezione così, ho imparato più in queste poche ore che in mesi di test. Sulle bici e su di me.

E non è ancora finita…

Buone pedalate.

COMMENTS

  • <cite class="fn">Michele Bernardi</cite>

    Ammiro la tua schiettezza nel giudicarti e l’umiltà di ammettere di esserti sopravvalutato. Il problema che spesso influenza l’uso della bicicletta risiede proprio nell’atteggiamento che tu descrivi riguardo te stesso ma che contraddistingue molti ciclisti: la pretesa di possedere una maestria nella gestione del mezzo che scivola spesso nella supponenza e nella banalizzazione dei rischi o delle proprie risorse. Questo atteggiamento condiziona spesso le uscite di gruppo così che, invece di godere di momenti conviviali, tutto si esaurisce in passerelle patetiche riguardo la bici più bella, la performance più gagliarda o l’ostentazione di una saggezza da rotocalco sportivo. È per questo che prediligo le uscite solitarie dove non devo dimostrare niente a nessuno e dove ho modo di conoscere me stesso anche dove si presentano le difficoltà: ecco dove l’umiltà diventa l’onestà di prendersi per quello che si è, niente di più e niente di meno!

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